Giovedì 28 gennaio 2010: Serata in ricordo del Porrajmos

Giovedì 28 gennaio, ore 21:15, in collaborazione con la CIRCOSCRIZIONE 1 del Comune di Livorno

 

In occasione del PORRAJMOS – la giornata della memoria dello sterminio dei popoli rom e sinti nei lager nazisti
ROM IERI E OGGI:
PREGIUDIZIO, EMARGINAZIONE E RIFIUTO

In una società dove si consolida una antropologia del disprezzo e della disumanità verso l’altro, dove si rafforza la saldatura fra razzismo popolare e razzismo istituzionale, i rom rappresentano ancora l’ultimo gradino di questa “piramide” dell’emarginazione e del rifiuto.
Proviamo a comprendere come i nostri territori promuovono concrete pratiche di accoglienza ed interazione e come sviluppare forme di dialogo, comprensione e relazione.
Con la partecipazione e le testimonianze della Fondazione Michelucci di Firenze, dell’Associazione Africa Insieme di Pisa, di alcuni rappresentanti della comunità rom di Coltano e di alcuni operatori del sociale e del mondo dell’associazionismo.
Durante la serata sarà presentato anche il libro “Lungo la ferrovia” di Gianluca Giunchiglia (edizioni Erasmo).

Anonima. prigioniero n. Z-63598. La lettera ‘Z’ sta per “Zigeuner” (Auschwitz Memorial Archives)

 

Lo sterminio nazista degli Zingari
Accomunati agli Ebrei da uno stesso destino di morte furono almeno mezzo milione gli Zingari che persero la vita nei campi di sterminio nazisti. Ma è come se il vento ne avesse disperso la memoria. Eppure le sofferenze patite dai Rom e dai Sinti sono state terribili. Essi furono perseguitati, sterilizzati in massa, usati come cavie per esperimenti, ed infine destinati alle camere a gas ed ai crematori. Oltre ventimila vennero uccisi nel solo Zigeunerlager, il campo loro riservato ad Auschwitz-Birkenau, tra il febbraio 1943 e l’agosto 1944. Malgrado ciò nessuno zingaro venne chiamato a testimoniare nei processi ai gerarchi nazisti, neppure a Norimberga. Infine, quando in Germania alcuni sopravvissuti si decisero a chiedere un risarcimento, questo fu loro negato con il pretesto che le persecuzioni subite non erano motivate da ragioni razziali ma dalla loro “asocialità” (caratteristica che i nazisti attribuivano a ragioni biologiche e che quindi li destinava ad una “soluzione finale” al pari degli Ebrei).